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giovedì 28 aprile 2011

FIGLI del GRANDE ALBERO

Guardiamo sempre con rispetto e ammirazione il grande Castagno che si erge fiero nel giardino di mio padre.  Per diverse ragioni. La prima, quella più importante, perché una creatura così imponente e così anziana merita rispetto per il semplice fatto di esistere. La seconda perché è bellissimo, e non serve essere necessariamente amanti della natura e del verde per apprezzarne la bellezza e l'armoniosità del fogliame. La terza ragione riguarda la sua meravigliosa capacità di scandire con i suoi tempi e i suoi colori le stagioni, trasmettendo serenità e amore per la vita. Senza mai dimenticare infine gli splendidi marroni che ci è solito regalare ad inizio autunno, squisiti. Una pianta fantastica, enorme, con la sua ombra estiva regala un piacevole fresco riparo dalla calura opprimente, specie quando il vento le accarezza le foglie, regalando quasi una musica rilassante, leggera. Un sogno.
  

Ci ritroviamo spesso a parlare della sua salute perché lo amiamo, il nostro Castagno, d'un amore vero, intimo, silenzioso. Spesso ci preoccupiamo per alcuni acciacchi che comincia a mostrare, nonostante la sua giovane età di rampante settantenne.
A volte il vento, severo ed impassibile nel suo mostrarsi, provoca qualche danno, strappandogli via alcuni rami. Ma lui, il Castagno, con tacita dignità prosegue il suo cammino nel tempo, dando vita a nuovi germogli, nuovi rami. E' come se ci suggerisse ogni volta che in fondo nella vita il miglior atteggiamento possibile è proprio quello di andare avanti, nonostante tutto e contro tutto, andare avanti senza arrendersi alle ostilità del mondo, perché anche quelle fanno parte dello spettacolo dell'esistenza. Ma il nostro amore per lui ci porta spesso ad ignorare la saggezza dei suoi silenti consigli, e le preoccupazioni per il suo futuro aumentano e s'infittiscono.
Qualche anno fa una terribile ondata di caldo, con un vento simile ad un phon acceso con temperatura massima,  gli ha provocato una brutta ferita su tutta la chioma, facendo seccare moltissime foglie, nel giro di due o tre giorni. Non avevo mai visto nulla del genere. Ci siamo spaventati ma poi è arrivato l'autunno che ha reso tutto più "normale", come se nulla fosse accaduto. E' tornato come sempre a produrre piccole gemme, che poi si sono ingrossate; nell'aspetto complessivamente la pianta non sembrava avere nulla di differente rispetto agli anni passati. Quando poi è tornato finalmente a vegetare abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo e abbiamo messo da parte per un po' i nostri timori, ammirandolo nuovamente nel suo massimo splendore.
Negli ultimi anni purtroppo ci si è messo anche il Cinipide Galligeno del castagno a "rompere i marroni", nel vero senso della parola. Un animaletto cinese giunto da lontano a causa di una sprovveduta politica di importazione di piante. L'insetto è arrivato in Italia senza il suo naturale antagonista e questo ha creato uno squilibrio pericoloso, come tutti gli squilibri creati dall'uomo. Il Cinipide ha cominciato a proliferare in modo imponente, spassandosela alla grande, nell'orgia di castagneti piemontesi prima, diffondendosi su tutta la penisola poi, causando notevoli danni. Il tenero animaletto è solito depositare le sue uova nelle gemme a foglia e quando le larve nascono se ne cibano voracemente, formando una sorta di galla. Quando le gemme si aprono in primavera risultano irreparabilmente deformate determinando per la pianta grande sofferenza. Una vera calamità, la cui unica soluzione sembra essere quella di inserire nell'ecosistema l'insetto antagonista, per ricreare un equilibrio accettabile. Questo quanto meno quello che hanno fatto in Piemonte, pare con risultati anche soddisfacenti.


Troppe insidie, troppe avversità, e se il nostro mitico Castagno non ce la facesse un giorno? Come potremmo restarne senza? E lui senza di noi? Quel pezzo di giardino, con la sua erbetta umida e muschiosa, l'odore del sottobosco che diffonde bucoliche sensazioni. Tutto questo potrebbe un giorno svanire sotto i colpi di una natura impazzita e violentata. Questi gli interrogativi che ci hanno spesso portato a riflettere, e abbiamo considerato sempre più la necessità di farsi trovare pronti ad un possibile evento estremo, ad un drammatico trapasso botanico. Il voler essere previdenti, la voglia di non arrendersi alle avversità, di fronte a questo spettacolare esempio della natura, ci ha spinto a tentare la riproduzione del maestoso albero, a clonarlo possibilmente identico, garantendo questo miracolo a chi verrà dopo di noi, ai nostri figli, ai nostri nipoti. "Bisogna seminare i marroni papà", queste le mie parole, "quando poi avremo ottenuto un alberello formato procederemo ad innestarlo prelevando qualche marza dal grande maestro…". L'esperienza di semina era già forte tempo fa, e la sfida non ci preoccupava affatto. Non importava che il progetto avrebbe assunto un significato solo con il passare del tempo, 20 forse 30 anni. Era nostro dovere provvedere, per amore del Castagno, per amore di chi ne avrebbe goduto in futuro.
Il Castagno ci ascoltò e volle darci un segno tangibile della sua consapevole presenza. Sotto il grande albero arrivava l'impianto di irrigazione con lo spruzzino in plastica che faceva capolino, quando veniva aperto il flusso dell'acqua, da una piccola vaschettina conica interrata. Quando l'irrigazione veniva chiusa nella vaschetta rimaneva un po' d'acqua mista a foglie secche di castagno, cadute durante l'autunno e accumulatesi lì. Qualche marrone cadde esattamente dentro questa vaschetta, umida e protetta, quasi per caso, forse per opera del grande albero, non lo so. Ma il miracolo avvenne in tutta la sua magnificenza. Tre piccoli castagnini sbucarono timidi dalla vaschetta dell'irrigazione e si guardarono attorno impauriti. Sopra di loro si ergeva maestoso il Castagno che li aveva generati.


Mio padre si accorse subito del miracolo, li espiantò e li mise in vaso, al riparo, coccolandoli e seguendone meticolosamente la prima fase di crescita, quella più delicata. Oggi tre magnifici alberelli di un paio di metri di altezza spiccano fieri intorno al grande albero, quasi completandolo, come adolescenti spavaldi alla scoperta della vita, come se volessero incoraggiarlo ad andare avanti ed a crederci, contro tutte le avversità e le follie degli uomini.

Tratto da Seminiamoli.it

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