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lunedì 28 maggio 2012

La nuova vita del Bonsai


Il Bonsai ancora prigioniero
L'idea mi è venuta tra i bancali umidi di un centro commerciale qualunque. Mi ero recato lì guidato in modalità "marito incosciente" da una moglie in preda al solito ricorrente attacco consumistico di fine mese, quando dopo aver contato gli ultimi spiccioli rimasti sul conto, viene quasi inspiegabilmente attratta da questi luoghi strani creati dall'uomo ma che non hanno nulla davvero di umano. E così, dopo aver navigato tra onde di esseri umani in cerca di qualcosa di inutile da acquistare, quasi stremato mi sono infilato (ad insaputa di mia moglie…) nel reparto "casa e giardino" per acquistare qualche flacone di concime organico liquido per le piante del mio giardino. Ma una volta capitato nel settore delle piante bonsai, guardando gli scempi del genere umano perpetrati a danno di nobili varietà botaniche, sono stato come folgorato da un'idea stravagante e malsana. 

Il Bonsai pronto a ripartire nella crescita

Dovevo però avere il conforto di un altro essere umano che sostenesse la mia convinzione, un po' per togliermi dalla testa di essere davvero un malato botanico inguaribile, un po' anche per avere conferma che quello che mi era balzato in testa fosse un progetto assolutamente realizzabile. Individuai con un sadismo quasi perverso la posizione di un inserviente dedito a sistemare noiosi scaffali, mi diressi da lui velocemente, come uno squalo bianco diretto sulla preda, giunto al suo cospetto gli chiesi: "Secondo lei se io rinvaso questo povero albero del pepe violentato dal genere umano in un contenitore capiente, concimandolo e trattandolo come una pianta normale, questa smetterà di vestire i panni di un povero bonsai rinascendo in un albero vero e proprio, vigoroso e slanciato? " L'inserviente rimase quasi traumatizzato dalla mia domanda, nei suoi occhi ebbi la possibilità di leggere frammenti di angoscia, quasi un'inspiegabile paura, probabilmente stava pensando di avere di fronte a sé un pazzo, uno che aveva perso il contatto con la realtà. Ma la mia domanda aveva un fondamento. Una pianta violentata nella sua natura arborea, costretta a vivere in un contenitore minuscolo, impossibilitata a dispiegare al vento tutta la sua bellezza e la sua magnificenza, se rimessa in piena terra prosegue lo sviluppo interrotto con la violenza dall'uomo? I bonsai non muovono mai le foglie al vento, non piegano mai i rami per assecondare le piogge o sostenere gli uccellini in visita, sono piante mai nate, costrette a rimanere miniature, copie di se stesse in un mondo fantastico fatto di nani, sull'isola che non c'è, oppure tra giganti insensibili e sordi. I bonsai spesso non conoscono il profumo dell'aria di primavera, sono piante che vivono dentro le case, segregate al loro triste e monotono destino. I bonsai sono creature mostruose, frutto della mostruosità umana e del bisogno dell'uomo di sentirsi padrone della natura e dominatore del mondo, quello stesso mondo che gli sta franando tra le mani proprio grazie alle sue nauseabonde e folli iniziative. Se i bonsai avessero voce ascolteremmo un lamento di dolore, se avessero gli occhi vedremmo scorrere lacrime verdi, a segnare percorsi tortuosi sui piccoli tronchi scavati dal tempo, se avessero mani le terrebbero giunte in una preghiera straziante per essere di nuovo messi al mondo, in terra libera, capaci di crescere, progredire, moltiplicarsi, diventare alberi secondo quanto scritto nel loro codice genetico. E quel giorno, in quel centro commerciale qualunque, io ho ascoltato quei lamenti, ho asciugato quelle lacrime, ho visto le mani giungersi udendo la loro preghiera. L'inserviente divenne improvvisamente un fantasma tra gli scaffali traboccanti di pesticidi e altre brutalità umane, non seppe rispondere alla mia domanda e si dissolse inspiegabilmente. Io acquistai il mio bonsai di albero del pepe, convinto di portarlo a nuova vita, facendolo davvero diventare un albero. Se mai dovessi riuscirci potrei sempre creare un movimento con rispettivo sito web, chiamato: http://www.debosaizziamoli.it/